mercoledì 23 giugno 2021

Ho letto "Il più grande uomo scimmia del Pleistocene"

Titolo: Il più grande uomo scimmia del Pleistocene

Autore: Roy Lwis

Casa editrice: Gli Adelphi


Riassunto: Questo libro, da come si può intuire dal titolo è ambientato nel Pleistocene e racconta la storia di queste scimmie che si stanno evolvendo e diventando sempre più simili all'essere umano che siamo oggi. La vita di questi neo esseri umani viene raccontata da un ragazzino il cui padre è riuscito a scoprire come "catturare" il fuoco. Ai giorni nostri è sufficiente un accendino o un fiammifero per accendere un fuoco mentre nel Pleistocene il padre di questo ragazzo dà fuoco a un ramo preso da un albero e lo brucia grazie alla lava di un vulcano non troppo lontano da casa (sinceramente non mi spiego come non si sia bruciato l'uomo scimmia). Successivamente, tramite quasi 200 altri rami, riesce a portare il fuoco a casa propria (non è altro che una grotta) e da quel momento viene usato per cuocere la carne, per illuminare, per rendere più forti le lance e per proteggere la casa dai predatori. L'unico problema è lo zio Vania diciamo che "denuncia" il padre di questo ragazzo dicendogli che non appartiene più alla natura e che gioca con cose che vanno oltre la comprensione di quegli esseri primitivi e di conseguenza decide di tornare a vivere tra gli alberi. Il resto di questo libro non lo riassumo per non spoilerare troppo. 


Parere personale: Questo libro mi è stato donato da una mia professoressa delle medie dopo che io fatto l'esame di stato e mi ha fatto molto piacere. Se si vuole un momento di pausa per ridere un po' in questo periodo consiglio vivamente questo libro. Inoltre questo libro, secondo me, è adatto a tutte le età visto che non ci sono parolacce o contenuti espliciti. La mia parte preferita è quando zio Vania fa il discorso sul fatto che il papà di questo ragazzo non appartiene più alla natura e a questo punto il padre gli chiede se non a più a che fare con Vania visto che lui fa parte della natura e poi sorride.

Samuele

lunedì 14 giugno 2021

Ho letto "La scatola dei bottoni di Gwendy"

  Titolo: La scatola dei bottoni di Gwendy

Autore: Stephen King

Casa editrice: PICKWICK



Riassunto: Questo libro racconta la storia di una ragazza di nome Gwendy Peterson. Questa ragazza vive nel paese di Castle Rock. Tutti i giorni, in estate, Gwendy sale tutta la "scala del suicidio" chiamata così perché ogni circa 30 anni una persona si butta giù dalla scala, ed essendo molto in alto muore. Gwendy un giorno incontra un uomo vestito tutto di nero di nome Farris. Farris ammette che sta ossevando Gwendy da un po', il che è abbastanza inquietante. Farris, dopo aver chiacchierato un po' con Gwendy gli regala una scatola con all'interno dei bottoni e due leve sui lati opposti della scatola. Farris gli spiega che ognuno di quei bottoni corrisponde a uno stato. Verde chiaro: Asia. Verde scuro: Africa. Arancione: Europa. Giallo: Oceania. Blu: Nord America. Viola: Sud America. In più ce n'è uno rosso e uno nero. Quello rosso è tutto quello che si desidera e si può premere più volte mentre quello nero è tutto. "Il capo dei capi" (espressione usata dal libro). Le due leve hanno ognuna una sua funzione. Una leva quando viene abbassata fa spuntare su un vassoietto un minuscolo cioccolatino dalle dimensioni di una caramella gommosa. Questi cioccolatini sono speciali perché una volta mangiatone uno non se ne desiderano altri. L'altra leva invece del cioccolatino regala una moneta "Morgan" in perfetto stato il cui valore si aggira oltri gli 800 $ (dollari). Grazie ai cioccolatini della scatola Gwendy riesce a dimagrire, prendere sempre e solo bellissimi voti e diventare anche molto carina. Finisco qui il riassunto perché non voglio spoilerare troppo la storia.

Impressioni personali: In teoria questo doveva essere un libro horror mentre a me mi ha fatto ridere, ma nonostante ciò mi è piaciuto anche se mi sarebbe piaciuto scoprire cosa sarebbe accaduto se Gwendy avesse schiacciato il bottone Nero. Ciò nonostante mi è piaciuto abbastanza

giovedì 22 aprile 2021

Ho letto "Nato a Hiroshima

  Titolo: Nato a Hiroshima

Autore: Vichi de Marchi

Casa editrice: DeA


Riassunto: Questo libro, come si può capire dal titolo, racconta la storia della bomba atomica lanciata a Hiroshima. Per la precisione è la storia raccontata da un signore di nome Riku che era solo un ragazzino il 6 agosto 1945 quando è stata sganciata la bomba da un bombardiere B-29. Riku descrive la caduta della bomba come una pennellata di colore su una tela azzurra (il cielo) quando improvvisamente arriva un lampo abbagliante da un po' più verso est. Questo lampo fu seguito da una grande ondata di calore che addirittura scosse delle patate in un orto. Riku ha una sorella più piccola di lui, un fratello più grande e la madre mentre del padre, che è andato in guerra, non si sa niente. Riku nota che le braccia della sorella, Yoko, sono tutte nere. Così decidono di andare all'ospedale della croce rossa. Quando arrivano l'ospedale è in totale caos. Questo è successo perché la bomba sganciata su Hiroshima era una bomba atomica e quando esplode rilascia una grande quantità di radiazioni. Dopo essere stati all'ospedale per qualche giorno la sorella di Riku muore e così lui decide di andare a cercare la madre e il fratello maggiore. La madre purtroppo la trova morta nella fabbrica in cui lavorava invece il fratello non lo trova subito ma incontra un suo ex compagno delle elementari. Riku e il suo amico, Haruki, trascorrono la notte insieme e per la prima volta vedono una pioggia nera causata dalla polvere creata dalla bomba: quell'acqua era radioattiva e purtroppo Haruki, non sapendo la causa dei quella pioggia nera, ci resta sotto. Dopo qualche giorno escono i giornali che riportano tutte le vittime che sono state causate dall'esplosione della bomba. Non racconto altro perché non voglio spoilerare troppo il finale.


Voto da 1 a 10: 2


Giudizio: Io, riguardo allo sgancio della bomba, sono sia d'accordo che in disaccordo. Sono d'accordo perché il Giappone, nonostante numerose sconfitte subite nella seconda guerra mondiale, non si voleva arrendere perché per il Giappone arrendersi corrisponde al disonore. Erano tempi di guerra e gli vengono lanciate due bombe atomiche. Invece sono in disaccordo perché non solo la bomba causò molte morti (le bombe sganciate erano due: una a Hiroshima e una a Nagasaki) all'impatto ma molti morirono nel tempo a causa delle radiazioni. Negli anni successivi allo sgancio delle bomba nacquero molti bambini con malformazioni causate dalla radioattività presente nei genitori.

Samuele

domenica 11 aprile 2021

Sassi gentili per Santarcangelo

Un paio di giorni fa sono andato in giro per Santarcangelo a nascondere dei sassi gentili con una mia amica. L'idea è stata lanciata da Fermenta e consiste nel decorare con un disegno una frase una parola questi sassi e renderli gentili per poi nasconderli in giro per la città. Io l'ho fatto perché è bello decorarli, passare del tempo con la famiglia e pensare che quando qualcuno li trovi gli si rallegri la giornata.

Anche a me piacerebbe trovare un sasso decorato mentre giro per Santarcangelo e mi si rallegri la giornata e quindi spero che la gente sia felice trovandolo.

vicino a un ristorante nei pressi della collegiata

Nei sassi che ho decorato ho dipinto una casa e un cuore; il cuore rosso perché il sasso era a forma di cuore e la casa perché mi ispirava tranquillità e serenità.
Ecco alcuni sassi che ho dipinto e nascosto (un indizio di dove si trovano nelle didascalie)

nella via Dante di Nanni

Cristian

venerdì 9 aprile 2021

2° Rassegna delle Letterature inclusive

Diffondiamo con piacere la locandina della 2° Rassegna delle Letterature inclusive suddivisa in tre percorsi: Letterature, Esperienze, Corsi di formazione.

Nella sezione "Esperienze" saranno invitate alcune realtà associative per capire cosa significa “fare inclusione”; nella sezione "Letterature" verranno presentati editori, autori e librerie che hanno fatto dell’inclusione un punto di grande attenzione; infine, nella sezione "Corsi di formazione" formatori e specialisti ci accompagneranno in interessanti percorsi formativi. 


Per maggiori informazioni: https://www.facebook.com/letteratureinclusive

Claudia

venerdì 2 aprile 2021

Ricerca per la scuola su uno sport non comune

Particolarità, Storia e origini del Tiro con l’arco
Particolarità. Il tiro con l’arco, a differenza di altri sport, ha alcune caratteristiche particolari come ad esempio diverse tipologie di archi: 
- nudo: arco composto da riser, flettenti, corda ed eventuali pesetti
- olimpico: arco composto da riser, flettenti, corda, mirino, stabilizzazioni, clicker, rest, bottone
- compound: arco composto da un blocco unico (riser e flettenti non smontabili) e carrucole su cui la corda ruota e che permettono di moltiplicare la potenza facendo meno fatica
Esistono gare e relativi regolamenti differenti per la stagione indoor (dal 01 ottobre al 31 marzo) e quella outdoor (dal 01 aprile al 30 settembre). 
Ci sono più federazioni che si occupano di questo sport: Fitarco e Fiarc. Atleti “normodotati” e atleti con disabilità gareggiano insieme. Ad esempio gli atleti ciechi utilizzano un supporto metallico che li aiuta a mantenere una posizione perfetta e immobile con il dorso della mano appoggiato alla struttura metallica per poter centrare il 10.

Storia e origini. Il tiro con l’arco e tra le arti più antiche nella storia praticate ancora oggi. L’invenzione del tiro con l’arco viene fatta risalire al 20.000 a.C.. Nonostante ciò la prima civiltà di cui abbiamo prove certe dell’utilizzo di arco e frecce è la civiltà egizia di 5.000 anni fa. 
In Cina il tiro con l’arco è comparso durante la dinastia Shang (1766-1027 a.C.) durante la quale un carro da guerra era sempre composto da tre uomini: il conduttore del carro, un uomo armato di lancia ed un arciere. 
Durante l’epoca greco romana l’arco e le frecce venivano usate più per la caccia che per la guerra. I Parti (antico popolo iraniano) erano abilissimi arcieri e riuscivano a tirare con l’arco anche a cavallo ma soprattutto girati con la schiena al contrario. 
Gli archi asiatici e turchi erano molto efficaci, con l’arco turco composito è stata raggiunta la distanza di 822 metri!
Il tiro con l’arco è anche presente in miti, racconti, romanzi e nelle arti come Ulisse e Robin Hood.

FITArco: Federazione Italiana Tiro con L’Arco
La FITArco, (Federazione Italiana Tiro con l'Arco), è uno dei due organi che promuove e organizza il tiro con l'arco in Italia, insieme alla FIARC.
La FITarco è stata fondata nel 1961 e lo stesso anno ha ottenuto l’affiliazione alla FITA (Federazione Internazionale di Tiro con l’Arco). Nel 1962 è stato svolto il primo campionato italiano.
Nel 1973, la federazione è stata ammessa nel CONI come "aderente" e nel 1978, la FITArco divenne Federazione a tutti gli effetti nell'ambito del Comitato Olimpico Nazionale Italiano.
Gli impegni principali della federazione sono l'organizzazione dell’attività agonistica e la promozione di base.
La FITArco ha un sito web su cui si possono vedere a livello nazionale i nomi di tutte le società esistenti in ogni città italiana, i nomi di tutti gli arcieri e la loro posizione in classifica, tutte le informazioni sulle gare regionali e nazionali oltre a informazioni sui corsi per i tecnici e per gli arbitri e tante notizie che riguardano questo sport. 

Arco olimpico, componenti e accessori
I tre tipi di arco di cui ho parlato prima sono differenti tra di loro, io descriverò i componenti dell’arco olimpico perché è quello che utilizzo.
Riser: è la parte centrale dell’arco. Ne esistono vari tipi fatti in materiali diversi come legno, carbonio, fibra, ceramica.
Flettenti: si trovano uno sopra e uno sotto il riser. Sono l’unica parte dell’arco che si flette.
Corda: può essere composta da filamenti di diversi materiali (fibre naturali o sintetiche). È la parte in cui si incastra (incocca) la freccia da tirare al bersaglio.
Rest: è la parte in cui si appoggia la freccia mentre è incoccata alla corda. 
Bottone: è un sistema di ammortizzazione che consente di adattare la flessibilità della freccia rispetto alla forza dell’arco.
Mirino: serve per mirare il punto esatto in cui si vuole far finire la freccia.
Clicker: è una linguetta metallica che scatta durante il caricamento dell’arco quando ha raggiunto la massima lunghezza della freccia.
Stabilizzazione: è un’asta di alluminio o di carbonio. Serve a diminuire le vibrazioni dell’arco quando si lancia (scocca) la freccia. Negli archi compound viene usata solo un’asta centrale mente nell’arco olimpico se ne aggiungono due più piccole, dette baffi, che vengono poste lateralmente e inclinate di 45° verso l’interno rispetto alla stabilizzazione centrale.
Frecce: sono formate dalla cocca, dall’asta e dalle alette.
Dragona: è un cordino utilizzato nell’arco olimpico che lega la mano dell’arciere al riser in modo da impedire all’arco di cadere a terra dopo aver scoccato la freccia.
Patella: è composta da vari strati di pelle, di cuoio o di materiali sintetici. Serve a proteggere le tre dita che tendono la corda.
Faretra: serve a contenere le frecce. Viene legata intorno alla vita ed è rivolta verso destra (atleta destrorso) o verso sinistra (atleta mancino).
Parabraccio e paraseno: sono protezioni che proteggono la parte del braccio e del seno dalla corda dopo che viene rilasciata. 

Competizioni e gare
Nel tiro con l’arco le gare si dividono in due tipologie: le gare outdoor e le gare indoor. Le gare outdoor si praticano in estate (outdoor = all’aperto) in campi allestiti appositamente con bersagli posti a diverse distanze mentre le gare indoor (indoor = interno) si svolgono in inverno all’interno di palestre, palazzetti dello sport o stadi. Gli atleti per vincere le gare devono fare il punteggio più alto rispetto agli avversari della stessa categoria*. 
Le targhe sono composte da 10 cerchi di 5 colori diversi. Partendo dall’esterno i punteggi sono: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10
Gare indoor: in tutte le gare che si svolgono da ottobre a marzo tutti gli atleti utilizzano paglioni a una distanza di 18 metri ma con targhe di diverse dimensioni a seconda della categoria, ad esempio i bambini più piccoli usano targhe più grandi. Le gare sono composte da 20 volée (sessioni di tiro) da 3 frecce ognuna da tirare in un tempo massimo di 2 minuti per un totali di 60 frecce. Alla fine di ogni volée gli atleti segnano il punteggio su un foglio e l’arbitro aiuta quando si hanno dei dubbi (la freccia è sulla riga tra un punteggio e un altro). Alla fine della gara vengono premiati i primi tre atleti classificati per ogni categoria. Inoltre ci possono essere dei premi per le squadre della stessa categoria.
Gare outdoor: nelle gare estive i bersagli sono posizionati a distanze e con targhe differenti a seconda della categoria e solitamente le volée sono da 6 frecce. Esistono anche delle gare di campagna, gare con bersagli in 3D e campionati riservati ai bambini come il “Trofeo Pinocchio”.
*Categorie
Giovanissimi (maschile e femminile): fino ai 12 anni  -  Ragazzi (maschile e femminile): fino ai 14 anni
Allievi (maschile e femminile): fino ai 17 anni  -  Juniores (maschile e femminile): fino ai 20 anni
Seniores (maschile e femminile): fino ai 49 anni  -  Master (maschile e femminile): dai 50 anni in poi

Regolamento
Chi pratica tiro con l’arco deve rispettare alcune regole importantissime che servono a non farsi male e a non fare male a un altro atleta ma ci sono anche altre regole secondarie.
- Non oltrepassare mai la linea di tiro mentre gli altri atleti stanno tirando le loro frecce. Si può oltrepassare la linea di tiro per poter andare a recuperare le frecce solo quando l’atleta più anziano o un tecnico ha detto ad alta voce “frecce”.
- Ogni atleta è seguito da un tecnico che dà consigli, suggerisce esercizi, corregge la posizione,... Gli altri tecnici non possono intromettersi.
- Durante le gare, dopo aver finito di tirare, bisogna indietreggiare e posare l’arco sul cavalletto e aspettare che tutti abbiano finito, possibilmente in silenzio per non disturbare chi sta ancora tirando
- Sempre durante le gare è fondamentale avere l’attrezzatura in ordine e tutte le frecce con le alette uguali e siglate (iniziale del nome e cognome) e firmare lo score (foglio su cui sono scritti i punteggi), chi si dimentica rischia di avere come punteggio zero!
- Per partecipare alle gare è necessario avere un certificato di attività agonistica valido e indossare la divisa della società di cui si fa parte. 

Olimpiadi
Il Tiro con l'Arco compare per la prima volta ai giochi Olimpici del 1900 a Parigi, viene escluso dai giochi dopo il 1920 per poi essere riammesso nelle Olimpiadi di Monaco del 1972.
Il primo Italiano ad aver vinto una medaglia (di bronzo) nelle olimpiadi di tiro con l’arco è stato Giancarlo Ferrari. Mentre nel 2004 Marco Galiazzo vinse la medaglio d’oro. 
Gli italiani vinsero anche la gara a squadre nel 2012 a Londra, la squadra era composta da Marco Galiazzo, Mauro Nespoli e David Pasqualucci.
Non c’è alcun dubbio su quale sia la nazione che domina il tiro con l’arco. Da quando il tiro con l’arco è sport olimpico la Korea del Sud ha vinto 39 medaglie, 23 delle quali sono d’oro. Nelle competizioni femminili le coreane hanno sempre vinto l’oro da quando il tiro con l’arco femminile è entrato alle Olimpiadi con Seoul 1988. Fin dalle scuole elementari i bambini coreani praticano il tiro con l’arco per due ore al giorno.

Nomi e curiosità sugli atleti che hanno brillato nel tiro con l’arco
Gli atleti di tiro con l’arco più bravi al mondo, come scritto sopra, sono i coreani. Ci sono però anche delle eccellenze italiane. Uno degli atleti più bravi nel tiro con l’arco è l’italiano Marco Galiazzo. Ha iniziato a tirare a tredici anni, ha vinto la sua prima medaglia olimpica nel 2004 ai giochi di Atene.
Un altro atleta italiano molto bravo è Mauro Nespoli. Nel 2012 ha messo all’asta il suo arco per contribuire a pagare le costosissime cure a cui si doveva sottoporre un arciere israeliano, Yaron Tal, colpito da un tumore. Yaron è deceduto il 30 luglio 2008, all’età di 34 anni.
In campo internazionale uno degli atleti più grandi di tutti i tempi, il grandissimo maratoneta Abebe Bikila fu un campione del tiro con l’arco in carrozzina dopo l’incidente d’auto che lo rese paraplegico.
A Rimini nel marzo 2021 si è svolto il 48° Campionato Italiano Indoor che si è concluso con l'oro assoluto arco olimpico conquistato da Lucilla Boari (Fiamme Oro) e Marco Morello (Aeronautica Militare) che superano in finale Claudia Mandia (Fiamme Azzurre) e Matteo Santi (Arcieri Montalcino)
Alcuni altri atleti italiani molto bravi con l’arco olimpico sono David Pasqualucci, Michele Frangilli, Federico Musolesi, Marco Morello, Massimiliano Mandia, Alessandro Paoli e Matteo Fissore, Tatiana Andreoli, Lucilla Boari, Chiara Rebagliati, Tanya Giada Giaccheri e Vanessa Landi, oltre ad Elisabetta Mijno, (para-archery).
Alcune curiosità: una freccia può raggiungere oltre i 240 km orari.
Il tiro con l’arco è considerato, secondo il National Safety Council, uno sport più sicuro del golf con un solo infortunio ogni 2000 atleti.

Analisi sulle capacità condizionali richieste
Nel tiro con l’arco sono richieste la resistenza e la velocità reazione.
È richiesta la resistenza perché la corda va tenuta tesa al per un po’ di secondi e anche perché l’arco è pesante. Non solo per questo è necessaria la resistenza ma anche perché durante una gara si tirano molte frecce. Le gare invernali sono composte da 20 volée (sessioni di tiro) da 3 frecce ognuna quindi 60 frecce totali, mentre le gare estive sono composte da meno volée in cui si tirano però fino a 6 frecce.
È richiesta anche la velocità reazione perché quando il clicker scatta dobbiamo rilasciare la corda quasi subito.
Oltre a queste capacità condizionali, per praticare il tiro con l’arco è richiesta molta concentrazione soprattutto mentre si sta mirando al bersaglio. Soprattutto quando si è in gara bisogna cercare di evitare distrazioni per non fare brutti punteggi e di  conseguenza arrivare ultimo.
Inoltre è necessario essere calmi e non agitarsi se non si ha fatto un bel punteggio per evitare di abbassare la propria autostima 

La mia esperienza
Io ho iniziato a praticare tiro con l’arco nel 2017 quando facevo la quinta elementare e avevo 10 anni. Ho iniziato a praticare questo sport perché non sapevo quale altro sport praticare. Ovviamente ho dovuto prima frequentare un corso per capire come usare gli archi, come mirare. Frequentando questo corso potevo utilizzare solo l’arco nudo e poi con dopo aver finito questo corso ho deciso di continuare a praticare tiro con l’arco e così i miei genitori hanno dovuto comprarmi un arco tutto mio (l’arco olimpico). Questo arco dovevo metterlo in uno zaino che però pesava moltissimo e ogni volta facevo fatica ad alzarmi dopo essermelo messo in spalla.
Quando arrivo in palestra devo sempre montare l’arco per poi smontarlo alla fine dell’allenamento e prima di iniziare a tirare mi devo sempre “riscaldare”, cioè fare degli esercizi per riscaldare i muscoli. Quando è arrivato il giorno della mia prima gare ero super in ansia e avevo già paura di arrivare ultimo anche e con il tempo ho imparato a gestire meglio le mie emozioni in gara. Questo sport mi piace perché non è come la maggior parte degli sport dove c’è una squadra e bisogna collaborare ma ognuno deve pensare per se stesso. Preferisco tirare in palestra in inverno perché in estate se una freccia manca il bersaglio finisce nell’erba e bisogna cercarla. Inoltre ora faccio parte della categoria “Ragazzi Maschile” e in estate devo tirare a 40 metri.

Seven Arrows
La Seven Arrow è la società di arcieri di cui faccio parte. Non è una società dove una persona va a tirare e basta ma si va sia per tirare che per socializzare. Ogni tanto si organizzano delle gare come per esempio ad Halloween dove ognuno si traveste e va a tirare ma ci sono anche le gare serie della società: una in inverno e una in estate. In questa società mi trovo abbastanza bene e mi ritengo fortunato perché ogni tanto in gara vedo alcuni tecnici che trattano i ragazzi malissimo perché gli interessa solo vincere. Una volta, quando sono arrivato primo in una gara, due tecnici sono venuti a prendermi dal podio in braccio scherzosamente. Ogni tanto, dopo alcune gare, andavamo a cena tutti insieme indipendentemente da quanti eravamo e visto che facevamo sempre tardi con gli orari io mi addormentavo durante la cena e la moglie del presidente della società ne approfittava dandomi un bacio sulla guancia. Alcune gare però non si trovavano a Rimini e quindi dovevamo prendere il pullman (privato) e dentro succedeva di tutto e di più.

Samuele

mercoledì 31 marzo 2021

I sassi gentili di Fermenta

Comunicato da parte dell'associazione Fermenta di Santarcangelo di Romagna https://www.facebook.com/Fermenta-814327825606800:

L’idea non è nuova e non è nostra, gira da mesi, (se non anni), in diverse città italiane ma abbiamo ritenuto fosse così bella da rilanciarla come associazione Fermenta anche a Santarcangelo in questo particolare periodo. Un periodo che tutti stiamo affrontando con fatica, a volte malumore, in alcuni casi in solitudine.

E allora perché non dedicare una mezz’oretta della nostra giornata, magari coinvolgendo i figli, (per chi ne ha), a decorare un sasso con un disegno, una frase, una parola.

Una parola buona che vorremmo ricevere o una parola buona che vorremmo donare a un amico oppure a uno sconosciuto.

Dopo aver realizzato il nostro sasso, durante l’uscita di casa per andare a far spesa o una piccola camminata attorno a casa, potremo posarlo su un muretto, una panchina, un prato o un angolino seminascosto sperando che altri lo trovino e lo colgano con un sorriso.

Prima di lasciare il vostro sasso, o quando ne troverete uno, se vi fa piacere scattate una foto e inviatela a Fermenta, pubblicheremo volentieri tutte foto dei sassi che avranno donato un sorriso a una persona!

Sul retro del sasso scrivete una parola gentile e #Fermenta

Si tratta di un piccolo gesto che speriamo possa addolcire un pochino le nostre giornate e quelle dei bambini e ragazzi, un piccolo gesto per far sorridere chi, abbassando lo sguardo, vedrà un simpatico sasso che attendeva solo di essere trovato.

Cogliamo l’occasione per suggerire alle maestre, i maestri, le educatrici e chiunque abbia contatti con i bambini di provare a suggerire loro di impiegare un pochino del tempo libero che avranno durante le vacanze scolastiche in occasione della Pasqua per dipingere un sasso per un vicino di casa, un amico, un cittadino di Santarcangelo. 

Buon divertimento!

martedì 30 marzo 2021

Scuola c'è una salute fisica e c'è una salute mentale

In queste ore molti genitori e adulti stanno commentando sui social la notizia del rientro a scuola in presenza dopo Pasqua di bambini e ragazzi fino alla prima media compresa anche se in zona rossa. Tanti la descrivono come una buona notizia, io invece provo un misto tra rabbia e delusione. Sia chiaro che son felicissima per i bambini che potranno rientrare ma mio figlio ha quasi 14 anni e resterà a casa davanti a un computer così come tanti altri milioni di ragazzi che da un anno subiscono questa reclusione ingiusta.

Per l’ennesima volta il pensiero dei nostri politici è stato quello economico. Concedono il permesso di far rientrare a scuola in presenza tutti i bambini che i genitori non sanno come gestire. Come è possibile andare al lavoro e allo stesso tempo restare a casa perché i due figli di 4 e 8 anni non possono andare a scuola in presenza? Come è possibile aiutarli nella didattica a distanza e allo stesso tempo andare in ufficio o in fabbrica, fare i turni al supermercato o in ospedale?

Gli altri bambini e ragazzi sono “grandi”, si possono arrangiare. Un ragazzino che frequenta la seconda o terza classe della scuola primaria di primo grado ha 12 o 13 anni e non è scontato che sia in grado di stare a casa da solo a seguire le lezioni a distanza. Ma al di là del fatto che sia in grado di stare solo e arrangiarsi, è giusto lo faccia? È giusto che i ragazzi che frequentano licei, istituti professionali o tecnici siano a casa da quasi un anno e che abbiano potuto varcare la porta della loro scuola solo per brevissimi periodi e a turno?

Leggi la mia lettera integrale qui: https://www.newsrimini.it/2021/03/scuola-ce-una-salute-fisica-e-ce-una-salute-mentale/


Claudia

sabato 13 marzo 2021

Scuola: rassegnazione e gratitudine

Una delle cose della DAD che mi ha fatto più male è stato scoprire che mio figlio è talmente rassegnato alle attuali restrizioni da non aver neppure pensato che aveva diritto a esprimere la sua opinione al riguardo. Scoprire che pensava non fosse giusto lamentarsi con persone esterne alla famiglia o gridare ad alta voce: VOGLIO TORNARE A SCUOLA.

Mi ha fatto male tanto 🙁

E così ho iniziato a insegnargli che non deve gridare all’ingiustizia solo tra le 4 mura di casa perché magari non gli permetto di usare per 6 ore filate Minecraft ma che è giusto e quasi un dovere far sapere al mondo che si sta subendo una grande ingiustizia argomentando per benino (guarda caso a scuola da poco hanno studiato il testo argomentativo).

A mio figlio neppure passava per l'anticamera del cervello di esprimere pubblicamente la sua opinione e quindi ho ritenuto giusto aiutarlo a far arrivare il suo pensiero scritto a un sito che si occupa di notizie del nostro territorio e l'ho invitato a scendere in piazza per una manifestazione pacifica. Insieme abbiamo attaccato il manifesto realizzato insieme al cancello della sua scuola. Abbiamo dovuto parlarne parecchio, lui si vergognava di attaccare al cancello della sua scuola lo striscione con scritto "PER FAVORE FATECI TORNARE A SCUOLA".

Non è una cosa bella a 13 anni (quasi 14) pensare di dover solo obbedire e non avere neppure diritto di parola ed essere convinti non ci sia alternativa.

Non è una bella cosa vedere un figlio rassegnato, arrendevole, spento.

Alla fine questa imposizione di didattica a distanza è una buona occasione per insegnare ai figli a cercare informazioni in rete sui contagi, spiegare loro i numeri e poi insegnare loro a guardarsi attorno e capire quali attività sono aperte e quali chiuse. Insegnare a crearsi una propria opinione sulla situazione e poi capire se è giusto o no. E se lo si trova ingiusto, si può gridarlo con educazione.

Rassegnazione non è l'unica parola di moda in questo periodo a casa nostra, ce n'è un'altra che probabilmente non ha nulla a che fare con chi si sente spento e avvilito ed è gratitudine. Gratitudine e riconoscenza che io provo nei confronti di tutti gli insegnanti delle scuole che con tanta fatica e tanto amore cercano di tenere vivi i loro ragazzi. Diciamo loro grazie, facciamo sentire loro che proviamo riconoscenza per ogni sorriso, ogni parola, ogni mail inviata ad ogni ora del giorno ai nostri figli. Di recente ho partecipato al consiglio di classe, naturalmente in videoconferenza, e ho visto professori sorridenti ma stanchi, carichi nonostante fossero al lavoro da oltre 8 ore e pronti a fare sia complimenti che rimproveri ai ragazzi. Molti di loro stanno cercando di fare il massimo e, come ho fatto altre volte in passato, ho ritenuto giusto aprire il microfono e ringraziarli per tutto quello che stanno facendo per portare i nostri figli all'esame di terza media, li ho ringraziati perché lottano ogni giorno con chi non consegna i compiti, con chi finge di avere videocamera o microfono che non funzionano e con chi non si presenta alle lezioni. Lo fanno perché ai nostri figli ci tengono e visto che non è facile lavorare in queste condizioni, direi che almeno un grazie se lo meritano. 

Claudia

giovedì 11 marzo 2021

Incontro con l'autore Gabriele Clima

Circa 5 mesi fa la scuola ci ha dato un libro da leggere intitolato "Continua a Camminare" di Gabriele Clima. Lo abbiamo letto tutti insieme in classe ogni sabato, dopo una marea di tempo lo abbiamo finito, perché eravamo molto lenti a leggerlo, e oggi abbiamo il collegamento con l'autore.

Clima all'inizio si presenta e scherza con noi, e ci racconta che ha avuto un' adolescenza problematica, e che adesso ha capito come gestirla e a scoperto dei pezzi belli della sua infanzia che usa oltre che per scrivere anche nella vita di tutti i giorni. Quando ha iniziato a scrivere scriveva quello che pensava in dei diari segreti che scriveva e leggeva solo lui.

Poco dopo ci chiede di fare un dibattito sul libro e ci dice che possiamo fare domande, chiedere spiegazioni, critiche (che sono sempre importanti). 

La prima domanda è di un mio amico che chiede perché abbia deciso di scrivere questo libro e dove a trovato queste bellissime storie, l'autore dice che queste storie le ha trovate su un giornale, la prima (storia di Fatma) e dopo circa un anno su un altro giornale la storia di Salìm e decide di mischiarle creandone un libro; ha inventato le storie e si è informato ulteriormente perché non conosceva bene l'islam, il terrorismo; prima di scrivere il libro si è informato per moltissimo tempo. 

Un' altra domanda è perché il maestro Akhir sia ancora dentro la scuola, e ci dice che è ancora dentro perché la scuola era tutta la sua vita, come per tutti i mastri, quando Akhir vede la scuola morire da dentro si sente perso.

Una tra le ultime domande è perché all'inizio di ogni capitolo ci sono delle brevi poesie, lui ci dice che poco prima che il libro fosse pubblicato pensa di metterle nel libro perché le poesie essendo siriane non arrivano a scuola e ha convinto l'editore a metterle anche se fino alla sera prima della pubblicazione non avevano tutti i permessi ma Clima è riuscito a farle mettere contattando il traduttore delle ultime poesie.

Come ultima domanda abbiamo chiesto se con il finale aperto del libro voleva dare speranza? E lui ci dice che scrive sempre con la speranza e che la speranza dipende dalla storia e si è liberi di ideare il finale come finisce essendo che il finale è aperto.

Infine Clima ci dice che il suo personaggio preferito è Fatma perché lui da maschietto è un po' ragazza nel modo di fare e si sente come lei. 


Ora parliamo un po' del libro, a me è piaciuto moltissimo, sono 2 storie di 2 ragazzini Fatma e Salìm che vivevano vicino a Damasco e poi si trasferiscono vicino a Raqqa per motivi di fede o per colpa della guerra. La cosa che mi è piaciuta di più è il fatto che le 2 storie si intersecano nel libro e alla fine i 2 ragazzi si incontrano lasciando quella suspense.

Cristian

lunedì 1 marzo 2021

Vegani e Vegetariani

Traccia: Negli ultimi anni stanno aumentando le persone che seguono una dieta vegana o vegetariana sostenendone i benefici su se stessi e sull'ambiente.
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Negli anni stanno aumentando le persone che seguono una dieta vegana, cioè che non mangiano derivanti di animali, e quelle che seguono una dieta vegetariana, cioè che non mangiano carne. Per i vegani è più difficile assumere alcuni di tipi di proteine perché si trovano più facilmente nelle uova, nei formaggi ecc. Per esempio la proteina actina e la miosina, che sono all'interno dei muscoli e che formano una struttura che permette di mantenere la forma della cellula, si trovano nelle uova, nei formaggi, nella carne e nei legumi. Questa proteina per i vegani è possibile assumerla solo attraverso i legumi mentre per i vegetariani si può assumere anche grazie al formaggio e alle uova. Le persone che seguono una dieta vegana o una dieta vegetariana non solo lo fanno per se stessi, ma lo fanno anche per l'ambiente. Non mangiando carne la quantità di acqua e di cibo sprecata non cambia di tanto rispetto a una persona che mangia carne (per produrre la carne bisogna far crescere un cucciolo di animale dandogli acqua e cibo per poi ucciderlo da grande) perché per esempio non mangiando carne si mangiano più tipi di cibo come il riso che per essere coltivato deve essere immerso nell'acqua. 

Samuele 

mercoledì 10 febbraio 2021

Ho letto "Io non ho paura"

Titolo: Io non ho paura

Autore: Niccolò Ammaniti

Casa editrice: EINAUDI


Riassunto: Questo libro racconta la storia di un ragazzo di nome Michele (che ha 9 anni) che all'inizio del libro sta facendo una gara di arrampicata su una collina insieme a dei suoi amici e a sua sorella e visto che Michele arriva quasi sempre terzo pensa di poter arrivare terzo anche quella volta ma purtroppo la sorella di cinque anni cade e si fa male a una caviglia e così arriva ultimo e secondo le regole del Teschio (soprannome di un ragazzo di 12 anni) deve pagare penitenza ma si decide che la penitenza deve farla Barbara solo per vendicarsi di un fatto avvenuto tempo prima (lui aveva fatto togliere la camicia a Barbara per penitenza e lei ha raccontato a un signore di nome Melichetti quello che diceva su di lui) e decide che deve abbassarsi le mutande visto che la volta prima si è tolta la camicia. A questo punto Michele interviene e decide di pagare la penitenza al posto di Barbara e così è costretto ad entrare in una casa abbandonata, arrivare alla finestra al piano di sopra e scendere aggrappato a un albero li vicino. Quando si aggrappa a un ramo dell'albero questo si stacca e cade su un materasso e quindi decide di spostarlo per capire perché si trova lì e in questo modo trova un buco abbastanza profondo con dentro un bambino che sembra morto ma quando il giorno dopo scende nel buco con una corda e lo tocca con un piede il bambino alza la testa infilata in una coperta e Michele decide di scappare. Quando torna a casa il padre è arrabbiato con lui perché è stato via quasi tutto il giorno ma nonostante ciò non lo picchia. Nei giorni seguenti Michele continua ad  andare trovare il bambino nel buco e scopre che si chiama Filippo ma visto che fa sempre tardi la madre decide di picchiarlo e così non va più in bici per un po' perché gli fa male il sedere. Il padre però intuisce che il figlio va a trovare il bambino nel buco, visto che lui fa parte del rapimento di quel bambino, e gli proibisce di tornarci, ma quando Michele torna con gli amici alla casa abbandonata per giocare controlla se c'è ancora Filippo ma vede che è sparito e a questo punto il suo migliore amico gli svela che alcuni genitori lo anno spostato nella casa di Melichetti e così Michele, una notte, decide di andare a liberarlo.


Perché mi è piaciuto questo libro: Questo libro mi è piaciuto perché è molto divertente in alcuni punti mentre in altri è molto serio e molto triste per quello che gli adulti vorrebbero fare a Filippo. L'unica cosa che non mi è piaciuto di questo libro è che ci sono abbastanza parolacce e parole strane per intendere parti intime. La cosa che mi è piaciuta di più e mi fa ridere è quando la madre di Michele lo rincorre per menarlo e lui racconta come saltava sopra il divano per sfuggire alla madre e alla fine si nasconde sotto il letto e Michele paragona la madre a Maciste visto che riesce a toglierlo da sotto il letto nonostante lui si era aggrappato a una gamba di quest'ultimo. La parte che non ho capito è quando la madre di Filippo appare al telegiornale e dice ai rapitori che il riscatto è troppo alto e di non tagliare le orecchie a suo figlio. Non ho capito questa parte perché se i rapitori tagliavano le orecchie a Filippo finivano ancora di più nei guai.

Samuele


domenica 7 febbraio 2021

Tutorial maglioncino gatto dal riciclo di due calzini

Non molto tempo fa ho comprato una tutina pigiamino a Liam e io e Samu ci siamo fatti davvero un bel po' di risate a vederlo infilato in questo capo di abbigliamento comprato in svendita e così ho pensato di cucire un maglioncino riciclando due paia di calzini.

Ho tagliato a metà i calzini seguendo il lato lungo ed ho buttato via la parte finale in cui di solito alloggia il piede. Ho poi cucito insieme le due parti avendo cura di far combaciare la bellissima fantasia geometrica.

Ho poi cucito la parte elastica che solitamente, quando si indossano i calzini, arriva sotto al ginocchio. Questa parte è diventata il collo del maglioncino.
Per unire il resto del maglione ho fatto delle prove sul modello, Liam. Non sarebbe stato sufficiente unire le due parti fino a formare un tubolare perché al gatto piace mangiare, pesa almeno 6,5 kg e nel maglioncino non ci sarebbe entrato se non dopo una belle dieta di 10 giorni.

Ho quindi utilizzato dei pezzettini di elastico e poi abbiamo fatto la prova finale. Naturalmente il gatto non sta in casa con il maglioncino, glielo abbiamo messo solo un paio di volte per scattare qualche foto. 
Liam è un gatto buonissimo, si fa coccolare, strapazzare, vestire, baciare. Non è carino con questo bel maglioncino con fantasia geometrica? Ah... Siccome la parte visibile sulla schiena risultava grigia, ho cucito sopra un rettangolo di tessuto pile color rosso!

Claudia



venerdì 5 febbraio 2021

Ricetta Ossi

 Ricetta ossi 




Ingredienti: Pavesini 4 pacchetti, Nutella quanto basta cercate di non finire tutto il barattolo, Mascarpone quanto basta, Caffe poco, Cocco  in polvere
Persone: Dipende dalla golosità 
Tempo: Dipende dalla golosità 
Procedimento: 
  1. Apri la nutella, il mascarpone e i pavesini (controlla la qualità, assaggiando)
  2. Prendi un coltello, immergilo nella nutella e poi spalma la nutella su un pavesino
  3. Prendi un altro pavesino e coltello, il coltello immergilo nel mascarpone e poi spalma il mascarpone sull'altro pavesino
  4. Unisci i 2 pavesini e immergilo nel caffe
  5. Dopo aver immerso l'osso nel caffe rotolalo nel cocco in polvere 
  6. Poi se proprio resisti mettili in frigo per un oretta per farli raffreddare, senno 1 o 2 li puoi mangiare















ORA CON MOLTA TRANQUILLITA MANGIALI TUTTI

martedì 26 gennaio 2021

Ho letto "Lettere a una dodicenne sul fascismo di ieri e di oggi"

  Titolo: Lettere a una dodicenne sul fascismo di ieri e di oggi

Autore: Daniele Aristarco

Casa editrice: Einaudi Ragazzi



RiassuntoQuesto libro non è proprio un libro ma è un insieme di lettere scritte da un signore (di cui non conosco il nome visto che non c'è scritto nel libro) e che le manda a una ragazza assente nella classe di una scuola in cui era andato per parlare del teatro di William Shakespeare e che nota la scritta "DVX" sul banco della ragazza assente (di nome Giulia). Per prima cosa inizia a parlare di Mussolini che sale al potere promettendo qualcosa al popolo. A un certo punto il popolo capisce che Mussolini non darà mai quello che ha promesso e subito dopo i dipendenti pubblici avevano l'obbligo di iscriversi al partito nazionale fascista o avrebbero perso il loro posto di lavoro. Il protagonista del libro paragona il fascismo a un anestetico perché privava le persone della sensibilità. Addirittura a un certo punto del libro inizia a fare degli esempi di cose e persone che hanno creato la parola DVX e la parola MVSSOLINI DVX ("dux" sta per "Duce", che era il modo in cui veniva chiamato Mussolini): per esempio gli allievi della Scuola forestale di Cittaducale piantarono ventimila alberi formando la parola "DVX" mentre davanti allo stadio Olimpico si trova un possente obelisco e se si legge il monolito dall'alto verso il basso si può leggere la scritta MVSSOLINI DVX. In seguito il protagonista parla anche di Mussolini che viene arrestato per essere portato in carcere ma dopo essere arrivato in carcere viene liberato. Nel maggio del 1936 Mussolini dichiara che la guerra è finita e che l'ha vinta lui nonostante non fosse vero e tra il 1935 e il 1941 fu ordinata la segregazione raziale. Il protagonista racconta che spesso su alcuni muri si possono vedere le scritte "DUCE DUCE DUCE DUCE DUCE DUCE DUCE DUCE DUCE: A NOI!" oppure "CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE" o "IL DUCE HA SEMPRE RAGIONE" e addirittura "ROMA,DOMA". Queste scritte però non avevano un bel significato a differenza di altre come "I MURI PULITI SONO SIMBOLO DI UN'INFANZIA REPRESSA" oppure "SEI BELLA COME L'ANTIFASCISMO". Alla fine del libro il protagonista ringrazia Giulia per aver letto le sue lettere e gli dice che quella è la fine solo se lo decide lei e se lei gli risponderà lui sarà molto felice.

Perché mi è piaciuto questo libro: questo libro mi è piaciuto perché mi ha fatto un brevissimo riassunto di che cosa è il fascismo, che io non conoscevo benissimo, e mi ha spiegato dei fatti prima che li studiassi in storia a scuola.